Cianfrusaglie

Piccoli Rumori

Pagina 159, prima riga. "Qui la notte è buia veramente, non come in città. Tutto è silenzioso, ci sono solo piccoli rumori."

A leggere queste parole, tratte da "Un posto nel mondo – Fabio Volo – Ed. Mondadori", mi sono venuti in mente due giorni trascorsi la scorsa estate a Scivu, nei pressi di Arbus, sulla costa occidentale dell’isola. Dopo aver passato la giornata al mare, facendo alcune tra le più incredibili cose stupide che si potessero fare in spiaggia, avevamo piazzato le tende e avevamo preparato tutto per fare un falò per cenare e passare qualche ora in relax prima di andare a dormire. E’ stata una sera di pensieri inutili e di cose senza senso. Una sera viva. Abbiamo parlato di tutto, e di niente, ridendo di noi stessi, delle persone che conoscevamo in comune, del mondo intero. Verso l’una e mezzo, o le due, non ricordo benissimo, il sonno stava avendo il sopravvento su quasi tutti, tranne me. Gli altri sono andati in tenda, e io sono rimasto a pensare sdraiato sulla sabbia umida, col mare che scandiva i secondi che passavano, un’onda dopo l’altra, una ogni secondo. Un orologio di onde. Per un attimo ho provato a contare i rumori che si sentivano sulla battigia, cercando di farli combaciare col tempo che stavo immaginando scandissero, ma mi sono accorto che in realtà le onde non arrivavano con un tempo così costante come avrei voluto io. Ed era meglio così. Le onde che sentivo erano piccoli rumori, che in un altro contesto probabilmente non avrebbero avuto nemmeno spazio, ma quella notte, a Scivu, in quel silenzio così assordante, le onde sembravano fare un casino incredibile. Tanto quasi come quello che avevo in testa in quel periodo. Nell’estate del 2009 ho fatto una guerra, coi miei pensieri. Non che di solito io e i miei neuroni stiamo in pace eh, ma in quel periodo avevo proprio messo un ultimatum che i miei pensieri sfidavano di continuo. C’erano delle cose che ritenevo fondamentali da risolvere. Prima fra tutte, la mia incredibile incapacità di giudicarmi e di pesare i miei desideri, la mia stupidità nel mettere in primo piano cose che invece sarebbero dovute essere sistemate correttamente in terza, quarta, o anche ultima posizione nella mia vita. Nel rumore delle onde di Scivu, oltre all’asincronia coi secondi, c’erano tante risposte, che aspettavano solo che facessi le domande. E, di domande da fare, io ne avevo a camionate.

"Che cosa ci faccio, io, qui?" Oh, voi non ci crederete, ma m’è sembrato che le onde rispondessero con un "Scemo, sveglia! Stai aspettando le risposte, no?" Simpaticissime, le onde. Poco prima, che avevamo fatto il classico bagno notturno con conseguente semi-assideramento, l’avevano detto anche prima, una cosa del genere "Scemo, ma non sai che fare? Guarda che l’acqua è fredda!". Si insomma, non proprio la stessa cosa, ma almeno avevano una certa costanza nel chiamarmi, quindi stavano di sicuro parlando con me, no?
Scherzi a parte, quando sei solo con le onde, e la sabbia umida sotto, e il cielo sopra, ti rendi davvero conto che non vali praticamente nulla. Oppure, come è successo a me, che questa cosa del non valere nulla l’avevo sempre pensata, quando sono stato solo con le onde e la sabbia e il cielo, io ho pensato il contrario. Che tutto quello che vedevo era mio, e che avrei potuto prenderlo, se avessi voluto, e che dovevo solo pensare di esserne capace. Che dovevo pensare di essere l’unico gestore del mondo, del mio almeno, di quello che sarei stato in grado di costruire. Era una visione molto ottimistica delle cose, o almeno mi sembrava lo fosse. Anzi, lo è di sicuro, pensare che si potrà essere in grado di fare ogni cosa nella vita. Ecco, io ci avevo sempre provato, a fare un pò di tutto, perchè, non so a voi, ma a me sin da piccolo è stato insegnato il detto "impara l’arte e mettila da parte". Che è una cosa che fondamentalmente può sembrare intelligentissima, perchè ti permette di essere sempre preparato nel caso l’arte che hai messo via possa di nuovo essere necessaria nella tua vita, ma che, d’altro canto, ti fa perdere un sacco di tempo e ti allontana dalle cose che potrebbero realmente essere importanti. Ditemi voi, che me ne faccio di essere un ottimo conoscitore del cielo d’agosto, della fascia troiana degli asteroidi e del percorso di Venere, se quello che ho sempre desiderato nella vita è fare, semplicemente, il veterinario? Oppure, che cosa può avermi dato, il sapere a memoria una parte di Divina Commedia, o conoscere i particolari della vita di gente come Montale, o De Andrè? Per molti era sufficiente conoscere alcuni testi, e già era abbastanza, perchè io no? Io avevo sempre cercato di conoscere i "perchè". Avete presente i bambini di 5/6 anni? Quelli che per ogni cosa stanno lì a chiederti perchè? perchè? perchè? Ecco, io non mi ero mai allonanto da quel modo di fare. Non mi interessava tanto il fatto che una cosa accadesse, mi interessava soprattutto il perchè. Quindi, quando lessi "M’illumino / d’immenso", non mi interessò la forma metrica, la lunghezza delle due parole, il suono. Io mi chiesi perchè. Che cosa volesse dire quella mezza frase. Ho passato intere giornate a cercare una versione differente di quella celebre poesia di Ungaretti, ero sicuro che ci fosse qualcosa di più oltre quelle poche parole. In un vecchio libro di Storia della Poesia Italiana trovai un aneddoto relativo proprio a questa cosa. Ungaretti era in guerra quando scrisse molte delle sue prime poesie, e per evitare che si perdessero le inviava con delle cartoline ad amici e parenti, in particolare ad uno che sarebbe poi diventato un suo editore, mi pare fosse Papini, o Soffici, non ricordo esattamente ora. Ad ogni modo, a lui mandò la versione "M’illumino / d’immenso / con un breve / moto di sguardi". C’era anche una nota, nel libro, che spiegava il perchè fosse stata scritta. Ungaretti soldato, e i compagni di guerra, si ritrovarono a superare un passo sulle Alpi, proprio nel principio di una mattina, e si trovarono quindi di fronte, anche se a molti chilometri di distanza, l’Adriatico, che, illuminato dal primo sole, divenne come un immenso bagliore che li ricopriva tutti. La vista del mare rese quella mattina di guerra una mattina diversa, e i soldati si sentirono più vicini con un semplice sguardo. Ora aveva tutto più senso, almeno per me, ma avevo dovuto cercare parecchio prima di trovare quella spiegazione. Ho amato Ungaretti anche per queste cose. Perchè il suo ermetismo non era una cosa cercata, era una cosa concreta, naturale. A sentirlo spiegare i suoi versi lo diresti subito che sono talmente palesi, e che non sono per niente così oscuri, ma se non leggi una spiegazione, beh, allora è tutto più complicato, ti riempi di interrogativi, ti domandi come mai sia stata utilizzata proprio quella parola e non un’altra. Il bello della Poesia. Scrivere cose che sono chiarissime e che sono nascoste allo stesso tempo. Un’altra delle mie tante perdite di tempo, questa dei versi. Per non parlare della mia avventura su internet, delle giornate sul computer per scrivere gli articoli, dei viaggi per incontrare gli altri bloggers, delle cene a Milano. Tutta roba che ti fa perdere un sacco di tempo e che ti tiene lontano dalle cose importanti. Avrei dovuto da subito mettermi il sedere sulla sedia e lasciar stare tutte queste cose secondarie, che, in soldoni, per la vita che ho scelto di fare non servono a granchè.
Tutta questa serie di pensieri, e molti altri, mi stavano facendo compagnia nel mentre che sentivo l’orologio di onde scandire i minuti. Era già passata un’ora, e dormivano tutti. Io avevo tenuto gli occhi chiusi per buona parte del tempo in cui ero rimasto sdraiato sulla sabbia, e ogni volta che li riaprivo sopra di me c’era quell’infinità incredibile di stelle, di galassie, che mi ricordavano quanto fosse bello pensare di poterle avere. Ma non nel senso che le potessi comprare, o che me le potessi mettere in tasca. Scemo si, ma non così tanto. Era bello pensare che in ogni posto in cui sarei stato, per qualche occasione particolare, io mi sarei potuto ricordare di quella notte di pensieri che stavo vivendo in quel momento. E mi sarei potuto ricordare che avendo imparato l’arte di riconoscere le costellazioni, io, quella notte, sapevo dare un nome a molte di quelle lucine, e me lo sarei ricordato anche in futuro. E in effetti, ieri, leggendo quelle parole nel libro di Volo, mi sono ritrovato a Scivu per un’altra volta. Adesso alcune delle domande che avevo avuto quella notte una risposta ce l’avevano avuta non solo dalle onde, ma dalla mia stessa vita, ma tante altre restavano ancora lì ad aspettare. In quel buio totale non si riusciva nemmeno a vedere la propria mano, e l’unica luce che arrivava era quella della Via Lattea. Un’infinità di stelle. Non so se ci siano più stelle nell’universo o più cellule animali sulla Terra, ma, ecco, di questa domanda qui non cerco il perchè, non è tanto importante. In ogni caso, anche sapendo la risposta, non mi cambierebbe troppo la vita.
Nello stesso libro, a pagina 65, alla riga 8 partendo dal basso, c’è un’altra frase che mi ha colpito molto: "Da qualche parte dentro di te ce l’hai anche tu una cosa che vuoi fare, che vuoi esprimere." Io vorrei andare a lavorare in Australia, o in Irlanda. M’è sempre piaciuta questa cosa, ma per la verità l’ho sempre lasciata in un angolo, perchè è una di quelle cose che se vai in giro a dirle, se non trovi un matto come te, ti dicono che sarebbe ora di mettere i piedi in terra. Io già dalla notte di Scivu l’avevo scoperto che di tenere i piedi in terra non mi interessa nulla. Poi magari in Australia o in Irlanda non ci andrò mai, ma ho ricominciato a credere che sia una cosa possibile, che sia una cosa per cui vale la pena rischiare tutto. Quella notte, a Scivu, io ho ripreso in mano le redini della mia vita. Mi sono accorto, quella notte, che non c’era da aspettare più tanto, che non c’era più da perdere tempo. Mi sono accorto che c’erano un sacco di altri perchè a cui rispondere, e che dovevo cominciare subito.
Il primo perchè a cui ho dato risposta, quella notte, era un perchè molto semplice: "perchè c’erano delle persone, alle 4 del mattino, vicino alle nostre tende, su una spiaggia deserta?" Facile. Stavano pescando.
Molti dei perchè che mi sono chiesto a Scivu, in realtà, non li ricordo. Ma conto di ritrovarli col tempo, con le cose che mi si presenteranno da fare. E se dovessi metterci un pò più tempo a fare tutto, o se dovessi non riuscirci, almeno saprò di aver cercato di farlo, che, direi, è già un buon motivo per mettersi d’impegno.
Ora avrei da studiare, ma la voglia è proprio poca. Eppure, giuro, a me interesserebbe sapere come funzionano nei particolari i passaggi intramuscolo dei farmaci non steroidei, ma fuori è una bella giornata e c’è un bel sole. Io me ne vado al mare. Perchè? Perchè ho voglia di sentire le onde.

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